Nell’inverno del 1951, nel quadro delle lotte popolari che percorrevano tutta l’Italia, anche i Monti Lepini, con Sezze, Priverno e Roccagorga, offrirono lo scenario territoriale, politico e sociale per una vasta campagna di mobilitazione. I disoccupati dei tre centri lepini, interpretando i bisogni di gran parte della popolazione davano vita, anche qui, agli scioperi a rovescio.
Queste pacifiche manifestazioni erano insieme una forma di protesta e di proposta, ed infatti i disoccupati intrapresero la costruzione di opere considerate di pubblica utilità, volontariamente e senza rivendicare alcuna retribuzione
Lo scopo era quello di porre all’attenzione delle Autorità la questione del lavoro. Si chiedeva, in particolare, che venissero istituiti dei cantieri di lavoro per dar corso alle opera di urbanizzazione civile, pressoché inesistenti nel territorio.
La zona dei Lepini, nel contesto dell’arretratezza economica dell’intera provincia di Latina, risultava molto prostrata; nei comuni di Norma e di Roccagorga, in particolare, ma anche negli altri comuni collinari quali Cori, Sezze, Priverno, Sonnino, Bassiano, si registrava un altissimo tasso di disoccupazione ed una miseria accentuata.
Sciopero a rovescio. Sonnino 1951
Agli inizi del 1949 la Federazione Comunista di Latina elaborò, sulla scia del Piano del lavoro della CGIL, un Piano Economico Costruttivo per la Provincia, uno strumento che voleva essere di lotta e di proposta. Seguirono grandi assemblee popolari dove fu discusso ed esaminata la costituzione di comitati allargati cui aderirono le forze democratiche e progressiste. Questo grande movimento di lotta sfociò in scioperi a rovescio sulle strade di campagna. Dapprima a Sezze poi a Roccagorga e a Priverno.
Il primo marzo i disoccupati di Roccagorga scesero in lotta, iniziando, con lo sciopero a rovescio, la costruzione della strada delle Paludi.
Con l’estendersi della lotta si intensificò parallelamente l’opera di repressione poliziesca che cercava di bloccare la mobilitazione.
A Roccagorga il 4 marzo venne arrestato un folto gruppo di disoccupati su sollecitazione dell’Amministrazione comunale, accusati di occupazione di territorio pubblico e scasso del suolo, per aver svolto lavori non autorizzati.
Immediata fu la risposta dell’opinione pubblica: da Cori e dall’Agro Pontino sopraggiunsero, a sostegno dei disoccupati in lotta e delle famiglie degli arrestati, grossi quantitative di pasta, di farina, di salumi e 500 litri di vino. Il giorno successivo i disoccupati di Roccagorga fecero ritorno e si verificò un ulteriore intervento di polizia e carabinieri con l’arresto di una decina di lavoratori, fra cui alcune donne.
Il 6 marzo le Amministrazioni comunali di Sezze e di Priverno, guidate da Giunte socialcomuniste, normalizzarono i lavori degli scioperanti, stanziando i fondi necessari ed assumono la stessa
Direzione dei lavori, mentre a Roccagorga, amministrata da una Giunta democristiana ostile ai lavoratori in lotta, l’atteggiamento di provocazione nei confronti dei disoccupati continuò.
Il 10 marzo, grazie all’intervento dei parlamentari comunisti Ingrao e Rodano, gli arrestati di Roccagorga vennero rimessi in libertà non essendo emersi sufficienti elementi per la loro cattura.
A Sezze il 15 marzo si aprirono due cantieri sulle strade degli scioperi a rovescio, mentre a Priverno e Roccagorga gli scioperi continuarono.
Questo è quanto viene raccontato dal prof. Giuseppe Cantarano nel libro “ALLA RIVERSA. Per una storia degli scioperi a rovescio 1951-25”grazie al quale ha ridato voce agli umili senza volto che erano stati ridotti al silenzio dall’oppressione.
Vale la pena sottolineare che gli scioperi a rovescio nel biennio 1950-51 furono un’esperienza diffusa in tutta Italia, fra operai e contadini, nelle città come nelle campagne. Lo sciopero a rovescio era esattamente il rovescio dello sciopero. Si ha “sciopero” quando I lavoratori, per protestare o per rivendicare, si riappropriano della forza di lavoro e del tempo di lavoro che sono tenuti a prestare; si ha “sciopero a rovescio” quando i lavoratori, anche per protestare o per rivendicare, prestano il lavoro senza esservi impegnati e senza esserne retribuiti.
Alle nuove generazioni che più o meno consapevoli dei fatti accaduti oggi percorrono quella strada spetta il dovere della memoria nei confronti delle donne e degli uomini che attraverso la costruzione di via della Pace hanno reso il nostro mondo migliore.
Stefano Morea Segretario FLAI CGIL Frosinone Latina